Storia

Scala è il compendio di un’armonica composizione di contrade , di chiese, di torri: Castrum Scalae majoris, Castrum Scalellae, San Pietro in Campoleone, SS. Annunziata di Minuta, San Giovanni Battista dell’acqua, Santa Caterina, Sant’Eustachio, Torre dello Ziro. La sua posizione geografica tra colline di castagneti, uliveti e terrazze di viti, fu scelta da antiche famiglie romane che nel 330 d.c. si costituirono in Castrum, detto jure romanorum.
Le origini della città di Amalfi vanno ricondotte a quello stesso patriziato scalese che, spingendosi a valle, trovò sulle vie del mare la premessa per una ulteriore espansione della propria sfera di influenza commerciale e culturale verso i paesi del Mediterraneo. Nell’ambito di questo sviluppo ebbero particolare importanza le famiglie Rufolo, D’Afflitto, Coppola, De Saxo. Fu un membro di quest’ultima a raggiungere la Terra Santa ed a fondare l’Ordine degli Ospedalieri di Gerusalemme, divenuti poi Cavalieri di Malta. Successivamente, nel 987d.c., a riprova della sua importanza Scala divenne sede vescovile.
Tanto splendore vide la distruzione nel luglio 1137d.c. , quando i Pisani per tre giorni presero d’assalto Amalfi, Ravello, Scala ed Atrani, “città ricchissime, fortificatissime per tutti coloro che le hanno attaccate”.
In questo scenario, nel 1731 giunse, per quello che avrebbe dovuto essere solo un breve periodo di riposo, S. Alfonso M. de’ Liguori, ma l’amenità dei luoghi e l’atmosfera di Santa Maria dei Monti ispirarono in lui la fondazione della Congregazione del SS. Redentore che proprio da Scala si irradiò poi nel resto del mondo. Con la crescita del piccolo drappello di confratelli, primo nucleo dei futuri Missionari, la casa prestata in precedenza dalle Monache del locale Monastero non era però più adatta.
Proprio alla sommità del giardino del Monastero, dominante la Cattedrale, sorgeva una costruzione isolata oggi conosciuta come “Casa Anastasio” circondata da una vigna e da un castagneto, appartenente alla famiglia Amendola e già appartenuta, in precedenza, alla famiglia del Beato fra’ Gerardo Sasso, fondatore dell’Ordine degli Ospedalieri di Gerusalemme, divenuti poi Cavalieri di Malta. Nel 1733 questa tipica costruzione padronale venne messa a disposizione di S. Alfonso e divenne così, Ospizio del Santissimo Salvatore per i successivi cinque anni.

Casa Anastasio

La descrive così T. Rey-Mermet ne Il Santo del secolo dei lumi: “Non era un palazzo, ma vi si vivrà meno stretti, in gioiosa povertà e santità. Un pianterreno con cinque vani si addossa contro il pendio, ingrandito verso sud da un loggiato coperto, sostenuto da un peristilio che dava verso il mare e il pieno sole. Delle cinque camere superiori, che si aprivano su una terrazza all’aria aperta, la più grande, all’estremità, venne subito trasformata in oratorio, mentre nelle altre i letti quasi di sfioravano; due vani servivano da cucina e refettorio, un altro da parlatorio e forse da biblioteca-sala di lavoro e di riunioni, ed infine uno, il meno piccolo, da chiesa; quest’ultimo sottano di palmi sedici in quadro, notava con ragione Tannoia, aveva piuttosto figura di catacomba, che di Chiesetta. Ma diventerà una commovente reliquia.
Quivi S. Alfonso, e tanti de’ suoi consumavano parte della notte orando, o strappavano a terra un poco di sonno davanti Gesù Sacramentato”.
Alle immancabili privazioni sopperiva l’amenità del luogo, il panorama che spaziava sul Golfo di Salerno, il silenzio che sosteneva lo studio ed ispirava la contemplazione. Proprio grazie a questi suggestivi scenari ed atmosfere S. Alfonso ebbe modo di comporre, nel corso degli anni, diverse opere musicali, su tutte la famosissima “Tu scendi dalle stelle”.
L’ospizio del Ss. Salvatore fu Casa Redentorista fino al 1738, quando l’urgenza di diffondere la Congregazione obbligò S. Alfonso ad emigrare altrove.
Nel 1776 lo stabile assunse l’attuale nome, prendendo il nome della famiglia Anastasio, che lo abitò per lungo tempo. Da allora fino ad oggi l’intera proprietà è appunto conosciuta con la denominazione “Casa Anastasio”, e conserva ancora la piccola Chiesa, impregnata dell’atmosfera e della santità dell’epoca, ed il caratteristico forno a legna sulla parete del quale, con un punteruolo, fu inciso per la prima volta lo stemma della congregazione, ancora oggi visibile.